I finanziamenti pubblici per l’Export

«Se non ci sono contributi finanziari il progetto export non parte

Da qualche tempo si è innescata questa generalizzata e pericolosa tendenza nel mondo dell’internazionalizzazione, soprattutto nel comparto della “consulenza” per l’export.

Partiamo dalla considerazione che i bandi e contributi non mancano e non mancheranno; ad esempio il gran citato PNRR ad oggi prevede di rinforzare il supporto pubblico verso le aziende italiane nelle funzioni aziendali più strategiche, tra le quali l’internazionalizzazione.

TEM PLUS con i propri partner di finanza agevolata offre un supporto molto attento in materia di contributi pubblici, ma con le dovute precisazioni.

Andiamo per gradi.

L’export come priorità per l’azienda

La maggior parte delle società di consulenza che offrono i propri servizi alle aziende sostengono che l’intervento non si debba configurare come un costo, ma come un investimento.

Tale affermazione è certamente vera ma anche superficiale, poiché prima di sussurrare all’azienda la parola “investimento” è necessario chiedere al management aziendale quali siano le priorità e il percorso di sviluppo pianificato dall’impresa. 

Personalmente, quando mi reco in azienda, chiedo sempre se iniziare o rafforzare un processo di export o internazionalizzazione rientri tra le priorità aziendali.
Se la risposta è sì, significa che il progetto riceverà la giusta attenzione professionale da parte dell’imprenditore a prescindere dal finanziamento pubblico che, se utilizzato, risulterà un valido supporto.

Le priorità devono essere avvertite da chi acquista il servizio, e non solo da chi lo offre; solo in questo modo si può parlare di volontà di investimento.

Prima viene l’export, poi i contributi. E non viceversa.

Smarcata la questione concorrenza, poiché l’imprenditore può benissimo scegliere di lavorare con altri player rispetto a noi, trovo estremamente incoerente l’atteggiamento di alcune aziende che rimangono “in attesa” di un contributo “spot” in un progetto che reputano, a detta loro, prioritario.

Sicuramente un progetto supportato da contributi è positivo – a maggior ragione se il contributo è studiato all’interno di un progetto di finanza più ampio – ma non viceversa.

Questa è la grande differenza.

Un approccio di investimento aziendale basato sui singoli contributi denota quindi una mancanza di visione, poiché se si attendono i contributi per sviluppare priorità aziendali si smette di fare impresa e si entra in un atteggiamento provinciale di attesa con una visione a dir poco miope.

Errori di valutazione da non commettere

Mancano gli strumenti per prendere decisioni strategiche, se si segue la sola logica singola contributiva, quali:

  • Non si prende in considerazione il supporto di altri partner chiave per gli investimenti delle aziende: ad esempio le banche o altri soggetti;
  • Non si applica un corretto controllo di gestione che permetta di individuare un budget per questa attività;
  • Non si interpreta correttamente il concetto di ROI (ritorno dell’investimento) che anche nel mondo dei numeri non è solo “spendo x e rivoglio y“, poiché per calcolare con giudizio il ROI è necessario prendere in considerazione anche alcuni valori intangibili e un lasso di tempo preciso nel quale inquadrare l’investimento e il ragionevole ritorno;
  • L’azienda non ha un Business Plan correttamente sviluppato, che identifichi gli investimenti e le relative fonti di finanziamento.

Investire sulle persone

Nel corso del 2020 il messaggio statale dei contributi per l’export ha fuorviato tante aziende e, seppur siano stati molto utili, ha generato una corrente di pensiero falsata. 

Nello specifico del nostro settore, il temporary management, il tema risulta ancora più particolare, poiché l’investimento che si fa nel caso del Temporary Management è sul manager, sulla persona e non su un semplice “servizio”.

Quindi, ancor più se si parla di Manager, il paragone con i contributi per “assumere un manager” stride; basti pensare che chi assume un lavoratore dipendente, per qualsiasi ruolo, non prende in considerazione supporti di questo tipo. 

Perché invece si scade in questo ragionamento se si parla del coinvolgimento esterno di un manager?

Le funzioni manageriali sono (spesso) più efficaci se esternalizzate.

In ogni caso, i contributi pubblici sono validi strumenti agevolativi, ma se collocati a supporto di un servizio e se presentati in relazione ad un più ampio progetto di finanza agevolata ben pensato e strutturato.

Inoltre, tale considerazione offre uno spunto che ritengo ancor più importante rispetto al lato finanziario di un progetto: il paradigma del posto fisso sta cambiando, deve cambiare.

Certe funzioni manageriali devono essere esternalizzate, perché – spesso – sono più efficienti!

Philip Kotler negli anni 50 parlava dei Knowledge Worker, i lavoratori della conoscenza.
È arrivato il tempo di attingere con maggior priorità alla conoscenza delle persone, e non solo al loro tempo e spesso attraverso un cartellino!

I temporary manager di TEM PLUS fanno parte di una generazione di manager gentili e formati, che riescono a coniugare il rispetto con i risultati.

Il processo di formazione del capitale umano dovrà essere accelerato e indirizzato verso competenze che alimentano una visione strutturale e non emergenziale, puntando sul ruolo di produttori di conoscenza: una conoscenza aperta, flessibile, pronta ad adeguarsi alle trasformazioni e declinata sui parametri dell’innovazione continua, oltre che condivisa.

Il vero investimento è individuare Manager che mettono a disposizione delle aziende la propria esperienza dando un contributo di valore concreto, con o senza contributi!

Damiano Santini 

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