Faccio parte di quei tanti che cominciarono a lavorare sui mercati esteri con due soli strumenti di comunicazione disponibili: da una parte il fax, che già ci parve all’epoca (ed in effetti lo fu) una formidabile innovazione tecnologica rispetto al passato, e dall’altra il classico telefono (quello fisso, logicamente), con i costi stellari delle chiamate all’estero, soprattutto se chiamavi mercati reputati, a quei tempi, “lontani”, come la Russia, la Cina, l’Australia, il Brasile.

Accidenti… se ci ripenso, mi viene da sorridere e ne resto ancor oggi fortemente stupito, di come sia incredibilmente cambiato il nostro modo di comunicare, negli ultimi venticinque anni, sia negli strumenti, sia nelle metodiche, sia nei costi. Fu proprio questa, una delle due importanti considerazioni che mi spinsero ad intraprendere l’attività di Temporary Export Manager, nel settembre del 2009, dopo aver lungamente ponderato la decisione, mentre ancora operavo come Export Manager permanente per le mie ultime due aziende: la possibilità, la facilità e l’economicità di gestire delle comunicazioni a livello planetario, anche per un singolo operatore, anche per un singolo professionista dotato di partita IVA.

La seconda, altrettanto importante considerazione, fu quella legata alla consapevolezza dei fisiologici e inevitabili “tempi morti”, a cui un Export Manager deve necessariamente sottostare, dopo aver eseguito comunque alla perfezione il proprio lavoro e sottoposto le sue proposte commerciali ai suoi interlocutori di business. Bisogna saper attendere, in questo mestiere. Non si può essere frettolosi, o insistenti, altrimenti si sciupa tutto e si perde pesantemente, nelle negoziazioni che ne conseguono.

Per cui dicevo a me stesso: “Potrei trasformare questi miei antipatici tempi morti in occasioni per promuovere l’export di un’altra azienda, o di due altre aziende, per portare beneficio a più strutture ed esserne maggiormente gratificato io stesso, mentalmente ed economicamente. Inoltre, oggigiorno, comunicare col mondo intero è semplice, immediato e con dei costi assolutamente abbordabili anche per un singolo.”. Da tali ripetute ed approfondite considerazioni, quindi, la mia scelta di diventare un TEM, circa nove anni fa, una scelta di cui sono assolutamente felice ed appagato, perché mi ha aperto la mente in maniera incredibile e reso molto più duttile, flessibile, capace di capire subito certe tematiche di marketing; non appena varco la soglia di una nuova azienda, riesco ad entrare in argomento ed agire in tempi estremamente limitati, ricordando che il fattore time-to-action, nel marketing moderno, è di importanza vitale.

Nei miei ultimi anni da manager a tempo pieno, inoltre, avevo chiaramente percepito un certo cambiamento culturale e quindi comportamentale, da parte degli interlocutori di business stranieri, che si è poi rivelato essere sempre più veritiero e confermato dai fatti: le frequenti trasferte all’estero, una volta considerate il pane quotidiano, un obbligo assoluto per qualunque Export Manager che si rispettasse (…il titolare cominciava a guardarti male, quando lavoravi per più di una settimana in azienda… invece che andare in giro per il mondo… a prendere ordini ed a fare fatturato…), sono diventate oggi meno pressanti e frequenti, in quanto valutate meno necessarie dagli stessi clienti, che hanno generalmente meno tempo da devolvere a pranzi e cene di lavoro con Export Manager di aziende fornitrici.

Anche questo risulta essere un eccezionale fattore di ottimizzazione del tempo: supportato dalle mie collaboratrici, ogni settimana ricerco quantità importanti di potenziali clienti esteri, per le mie aziende assistite, invio loro delle presentazioni in lingua concepite ad hoc, gestisco lo sviluppo delle transazioni commerciali, e quando serve, da solo o supportato dai tecnici delle mie aziende, gestisco delle video-chiamate Skype che risultano essere di un’efficacia straordinaria, senza recarmi in aeroporto, sobbarcarmi centinaia di ore di volo all’anno, fusi orari, alberghi e quant’altro, ove ciò non sia strettamente necessario. La media delle mie video-chiamate (gestite a volte anche tramite WhatsApp) è approssimativamente di una ventina al mese, tutte accuratamente programmate in agenda, come se fossero, di fatto, degli appuntamenti tradizionali, di persona, in cui ci si guarda in faccia, negli occhi, e si possono anche scambiare delle battute di spirito, oltre che documenti in presa diretta, grazie alla specifica funzione di Skype.

Devo ammettere che in molte circostanze, negli anni passati, quando proponevo a miei potenziali clienti esteri delle video-conferenze, invece dell’appuntamento fisico che mi richiedevano, rilevavo una certa riluttanza da parte loro, mista ad una dose di scetticismo, dopodiché, quando gli facevo capire che non sarei comunque andato a Tashkent, a Mumbai, a Seul o a Città del Messico, solo per gestire un primo incontro conoscitivo, accettavano, ed alla fine della video-conferenza mi confessavano, stupiti ed al tempo stesso compiaciuti, che non si aspettavano una tale efficacia dallo strumento Skype, che a malapena conoscevano.

A coloro che, leggendo quest’articolo, inevitabilmente obbietteranno: “sì, certo, ma vuoi mettere quanto sia più efficace essere faccia a faccia con il tuo cliente, invece che dietro uno schermo di computer o di tablet?”, mi permetto di far notare, sempre rispettando profondamente i punti di vista altrui, che la vita è sempre fatta di scelte, che il nostro tempo è la risorsa più preziosa di cui disponiamo ed è, appunto per questo, fortemente limitata. Dobbiamo decidere noi in che modo impiegarla, tale risorsa. Sta pertanto all’arguzia, alla sagacia, al fiuto del manager, capire se un business potenziale è giusto che venga gestito, perlomeno in fase iniziale, conoscitiva, tramite le metodiche da remoto suesposte, oppure se sia auspicabile mettersi in aereo ed investire due, tre giorni, una settimana, per gestire in maniera ottimale quella che riteniamo un’opportunità di elevatissima importanza per l’azienda con cui collaboriamo.Come sempre, nel business, nella vita di tutti i giorni, esistono le regole e le eccezioni alle regole. Il tutto, si spera, sempre governato dal buon senso e dalla lungimiranza di ciascun individuo. Avendo trascorso buona parte della mia vita in giro per il mondo (cosa di cui non mi pento affatto, intendiamoci), nei primi vent’anni della mia carriera, con una frequenza di trasferte a volte pesantissima, mi permetto di “sussurrare” agli attuali Export Manager che, se riescono ad eliminare una certa parte, non strettamente necessaria, di tali trasferte, per passare più tempo con le famiglie e gli amici, forse è una bella conquista, in ottica di miglioramento della qualità della vita, senza mai comunque svilire la propria efficacia professionale.

Michele Castagna

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